La
mattina della gara, quando mi sono alzato per prepararmi mi son detto: "ma
chi te lo fa fare?! Non stai in piedi, fuori fa freddo, piove e le previsioni
danno tempo in peggioramento. Chi te lo fa fare?!"
Anche
Cassandra, da buona profetessa, nei giorni precedenti aveva profetizzato che
sarebbe stata una maratona molto disidratante. Io, da scettico sciocco, non le
ho dato retta. E Tac!
Castigato
dagli dei!
Sabato,
il giorno prima della gara, sono stato male. Un morbo misterioso mi ha
attaccato e disciolto quasi completamente. Com'era il famoso detto? Tutte le
strade portano a Roma? Per me Sabato tutte le strade portavano ai bagni di
Roma. Sabato sera invece di ballare per la febbre non mi reggevo in piedi per
la debolezza.
Chi
te lo fa fare?
Questa
domanda mi risuona nella mente quando mi sveglio.
Non
so spiegarmelo, ma domenica mattina c'è stato qualcosa che mi ha spinto ad
uscire al freddo, sotto l'acqua e ad incamminarmi per il Colosseo. Quando ci
arrivo sono già stremato e assetato. Mi infilo in un bar e bevo mezzo litro
d'acqua in meno di dieci secondi. Ora mi sento meglio, ma ho ancora sete.
Proviamo
a partire. Al massimo mi fermo quando non ce la faccio più.
Pazienza,
l'ho già fatto a Firenze, infilo le auricolari e in caso di bisogno accenderò
la musica.
Partenza!
Sono
proprio in fondo stavolta, prima che arrivi sotto alla linea di partenza passano
sei minuti.
L'inizio
è proprio bello, la cornice dell'altare della Patria, il circo Massimo e la
Piramide mi fanno scordare i problemi fisici, le ansie, le paure. Trotteggio
allegramente ma sento già troppo caldo. Le previsioni del meteo, e della profetessa
Cassandra davano pioggia battente e vento, al momento però è presto e mi devo
togliere il poncho. Arrivo ai primi cinque km e subito afferro quella che sarà
la mia fedele compagna per tutta la corsa: una mezza naturale.
Bevo
come un cammello e sono contento!
Non
è lo spot di una nota marca di birra, ma solo ciò che mi sta succedendo:
idratandomi continuamente riesco a fare più chilometri di quelli che sognavo.
Più
vado avanti lungo il Tevere e più mi dico "ancora un po', non dovevo
arrivare qui..."
Solo
quando parte la musica di una delle mie canzoni preferite dei Porcupine Tree mi
rendo conto di pensare alle sue parole:
Mai
fidarsi del suono della pioggia sopra un fiume che scorre veloce nelle tue
orecchie
Arrivando
da qualche parte, ma non qui
Tutti
i miei progetti, semplificati
E
tutti i miei piani, compromessi
E
tutti i miei sogni, sacrificati
Arrivando
da qualche parte, ma non qui...
Vado
avanti, anche quando inizio a sentire che le energie vengono meno.
Fortunatamente mi sono portato le bustine di fruttosio che si rivelano
miracolose. San fruttosio!!!
Le
energie ritornano assieme alla pioggia e per fortuna avevo conservato il poncho
che ora torna utilissimo, soprattutto per le folate di vento gelido.
Verso
il diciottesimo chilometro, dopo aver attraversato il Tevere e via
Conciliazione, arrivo a San Pietro e lì, invece delle classiche visioni
fantozziane dei santi che scampanano annunciando la fine imminente, vedo
Cassandra sorridente ad aspettarmi. Da qui cambia la mia corsa. Prendo in prestito
il suo sorriso e inizio a correre contento di essere giunto fin lì, consapevole
di poter fare ancora qualcosa...
Arrivando
da qualche parte, ma non qui...
Vado
avanti e supero quasi per caso Eraldo che si era fermato ad allacciare le
scarpe. Lo saluto al volo alla romana:
"Bella
Erà!!!'"
Senza
fermarmi vado avanti, sempre più contento. Sicuramente mi riprenderà.
La
corsa si allunga verso nord seguendo il corso del Tevere. Arriviamo alla metà e
mi rendo conto di essere, anche se di poco, sotto le due ore. Ma come cavolo ho
fatto?
Peccato
che non riuscirò a finirla, 42 son tanti.
Almeno
devo arrivare dalle parti del centro, non qui, dove non c'è niente...
Quando
inizio a salire la collinetta nei pressi del ventinovesimo chilometro mi
sorprendo ad arrancare assieme agli altri senza fermarmi. Ci scherzo pure con
un signore romano. In discesa poi le gambe vanno da sole, tanto che devo
metterci il guinzaglio per non farle scappare.
Al
traguardo dei trenta sono felicissimo, ce l'ho fatta ad arrivare fin lì, e ne
ho ancora!
Supero
perfino Sergio e non mi fermo, lo semino!
Che
bello correre!
Intorno al
35 esimo ritrovo Cassandra che mi saluta sempre sorridente regalandomi la
consapevolezza di potercela fare. Forse ce la faccio davvero!
Al
trentaseiesimo guardo il cronometro e vedo che sono andato forte, mi basterebbe
correre gli ultimi sei chilometri a sei minuti al chilometro per rimanere sotto
le quattro ore!!!
Peccato
che non avevo fatto bene i conti con i san pietrini e l'ultima salitona finale,
sempre sui san pietrini. Ma soprattutto non avevo considerato le gambe.
Giungere fino a lì è stato già un miracolo. Le saluto a malincuore e arranco
per le vie del centro: largo Argentina, via del corso, piazza del popolo,
piazza di Spagna. Sempre con il sorriso del miracolato, ma ormai sfinito,
arrivo alla galleria in salita che sembra non finire più, poi scendo via
nazionale facendo attenzione ai san pietrini bagnati. Piazza Venezia è dietro
l'angolo e poi eccoli, i fori imperiali!
Il
cronometro mi rivela che alla fine ho ceduto molto, ma poi mi guardo attorno e
vedo il traguardo, ci sono arrivato, là, un po' più in là di dove pensavo di
arrivare.
La
commozione mi tramortisce e io mi lascio andare, finalmente, felice, che
magnifica sensazione.